Siamo Pellegrini o turisti in questo mondo?

Siamo Pellegrini o turisti in questo mondo?

Viandante, le tue orme sono
il cammino, e nulla più;
viandante, non c’è cammino,
sei tu che fai il sentiero camminando.
Con l’andare si fa il cammino
e nel voltarsi indietro
si vede il sentiero che mai
si tornerà a calcare.
Viandante, non c’é cammino,
solo scie sul mare.

ANTONIO Machado

La vita da turista*

Secondo Bauman, oggi la figura emblematica del pellegrino è stata sostituita da quella del turista. La nostra è una società per turisti. La precarietà e la flessibilità, onnipresenti in tutte le attività sociali, portano alla ricerca ansiosa della gratificazione istantanea, all’urgenza di soddisfare desideri e appetiti.
Il turista è sempre alla ricerca della soddisfazione immediata. Ha difficoltà ad accettare l’impedimento, il limite, la diversità. I Media rinforzano questa pretesa ingenua e pericolosa di voler ottenere tutto, immediatamente e senza sforzo. Libri e film offrono soluzioni “magiche” a qualunque problema quotidiano. Non è necessario impegnarsi per ottenere un obiettivo, basta trovare la tecnica adeguata.
Il turista non ha un senso unificatore della propria esistenza. È sempre “di passaggio”, lontano da tutto e da tutti, senza una meta unificatrice che dia senso al presente, senza implicarsi, senza una solida identità personale. L’esistenza del turista diventa frammentaria. Niente è definitivo: il turista usa, consuma e se ne va. L’individuo moderno è lontano da se stesso, senza tempo né voglia di pensare ai problemi esistenziali. Preferisce incentrarsi su questioni pratiche e lo fa in modo frammentario, senza una visione d’insieme.
Il turista è in perenne movimento, alla ricerca di novità, di qualcosa che lo soddisfi. È un ricercatore di esperienze diverse che raccoglie orgogliosamente nelle sue foto e nei video. Le sue mete sono illusorie e fittizie. Il nostro mondo globalizzato ci obbliga a una mobilità costante. Siamo in movimento continuo. Anche quando siamo a casa, i moderni mezzi di comunicazione (radio, Tv, Internet) ci consentono di continuare a viaggiare “virtualmente” in qualunque parte del pianeta. Ogni luogo è a portata di un click. La vita diviene un susseguirsi di esperienze, vissute senza un chiaro obiettivo e senza tempo per pensare, per gustare di esse. Non si sente legato né agli altri né alle cose. Non può affezionarsi a una realtà che non sente come propria. Il turista si rifugia nei ghetti turistici, nei resort, per sentirsi sicuro, bene con se stesso, indipendente, senza entrare in contatto con la realtà che sta visitando. Guarda ciò che lo circonda in funzione di sé stesso. È un consumatore perfetto. Trova e consuma senza scrupoli tutto ciò che potrebbe dargli soddisfazione, ma pronto a scartare, a gettar via dopo essersene servito. La nostra società promuove e stimola il consumismo del turista. Oggi si presenta l’essere umano come un consumatore da soddisfare, qualcuno sempre disposto ad abbracciare il mito del progresso illimitato e la ricerca compulsiva del massimo beneficio.
Il turista incontra tante persone, ma non entra spontaneamente in relazione con loro. Non accetta la propria fragilità, non vuole aver bisogno. Paga e reclama diritti. Vive le relazioni personali, anche quelle di tipo sessuale, come se fossero oggetti da sfruttare, prodotti di consumo. Rinuncia all’impegno di far crescere le relazioni e di renderle stabili. Il “finché morte non ci separi” si trasforma in un semplice “finché questo funziona”. Risulta significativo il crescente numero dei celibi e di quelli senza legami personali stabili.
Il turista fugge dall’incontro col Dio trascendente: preferisce un dio a misura. La fuga dall’esigente contatto “faccia a faccia” si presenta anche come rifiuto del completamente Altro, cioè del Dio trascendente, personale.

CARATTERISTICHE DEL TURISTA:

  • Soddisfazione immediata
  • Non accetta limiti e impedimenti
  • È senza una meta unificatrice
  • È in perenne movimento
  • Ricerca esperienze sempre nuove
  • Non ha legami profondi
  • È un consumatore perfetto anche nelle relazioni
  • Non accetta le proprie fragilità
  • Fugge dall’incontro con un Dio trascendente

La vita come pellegrini

C’è un’alternativa. Possiamo anche imparare a “non fare”, scegliere di sperimentare la nostra stanchezza e accettare, in modo consapevole, di non apparire sempre performanti (prestanti). È la stanchezza capace di fermarci per consentirci di guardare più in profondità, di far emergere lo spirito, di creare spazi di incontro, di ascoltare. Quante volte ci capita di affermare, nel nostro servizio di responsabilità quanto siamo stanchi, ma, allo stesso tempo, ci vien difficile fermarci, scegliere di “non fare”.
Il pellegrino sa che quando la stanchezza lo assale, è tempo di fermarsi e di riposare.
Il pellegrino, a differenza del turista, dà uno scopo al proprio cammino. È alla ricerca e, spinto dal desiderio di raggiungere la propria meta, lascia ciò che potrebbe rendergli difficile il percorso. Parte portando con sé poche cose, l’essenziale. Il pellegrino valorizza la realtà incontrata non secondo criteri estetici o consumistici, ma in funzione del proprio cammino. Rinuncia a qualcosa che ha già per qualcosa che è altrove.
Guardando alla precarietà della propria situazione, il pellegrino non si scoraggia. È sostenuto dalla speranza. Sa che non può arrivare alla meta d’un colpo, cerca la direzione, percorre a tappe il proprio cammino e si concede il riposo quando ne avverte la necessità.
Il pellegrino assume come stile di vita l’Essere per… Sa porsi in relazione autentica con il mondo e con le persone. Incontra altri pellegrini, si incammina con loro, esercita l’ascolto sincero e mette in comune ciò che ha. Gli altri non sono estranei ma persone con cui condividere l’esperienza del percorso. Una immagine calzante è quella della cordata: lungo la scalata ci si sostiene “legati” l’uno all’altro per aiutarsi reciprocamente a raggiungere la cima.
Il pellegrino si sente inserito in un progetto. Può guardare indietro ai propri passi e riconoscere la strada percorsa. La sua destinazione dà unità a ciò che è frammentario e continuità a ciò che è episodico. Il pellegrino risponde a un ideale interiore, a una meta unificatrice. Non cerca perennemente il viaggio, ma di arrivare alla meta. È mosso da una chiamata, da una vocazione che integra e dà senso a tutta la propria esistenza.

CARATTERISTICHE DEL PELLEGRINO:

  • Accetta le proprie stanchezze, i limiti, gli errori
  • Si ferma a riposare
  • Porta con sé l’essenziale
  • Rinuncia a qualcosa che ha già per qualcosa che è altrove
  • Non si scoraggia
  • Assume come stile di vita «l’essere per….»
  • Costruisce relazioni autentiche con gli altri
  • Ha una meta e si sente inserito in un progetto
  • E’ mosso da una chiamata

 

Io come vivo la mia vita in questo mondo?

* Testi e riflessioni da un’assemblea di Incontro Matrimoniale a cui ho partecipato il 7 dicembre 2019, presso il nostro Teatro Remondini.

La vita cristiana, in realtà, è un cammino, un pellegrinaggio. La storia biblica è tutta un cammino, segnato da avvii e ripartenze; come per Abramo; come per quanti, duemila anni or sono in Galilea, si misero in cammino per seguire Gesù: «E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono» (Lc 5,11). Da allora, la storia del popolo di Dio – la storia della Chiesa – è segnata sempre da partenze, spostamenti, cambiamenti. Il cammino, ovviamente, non è puramente geografico, ma anzitutto simbolico: è un invito a scoprire il moto del cuore che, paradossalmente, ha bisogno di partire per poter rimanere, di cambiare per potere essere fedele[8].
Dal DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO ALLA CURIA ROMANA PER GLI AUGURI DI NATALE Sabato, 21 dicembre 2019

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